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Bicarbonato e performance: funziona davvero?

Tra gli integratori più discussi nel mondo dello sport c’è il bicarbonato di sodio. Economico, facilmente reperibile e ha basi scientifiche solide. Eppure, prima di correre in cucina a riempire un bicchiere, vale la pena chiedersi: serve davvero? O forse le controindicazioni superano i vantaggi?
Un po’ di storia (ma poca poca)

Le prime ricerche sull’impiego del bicarbonato di sodio nello sport risalgono al 1930, quando alcuni ricercatori dell’Università di Harvard, guidati da Dennig e colleghi, pubblicarono il primo studio sperimentale. Per studi più strutturati bisogna attendere gli anni ’70 e ’80; primi tra tutti quelli pubblicati sul Journal of Applied Physiology. Da allora l’interesse scientifico è cresciuto in modo significativo: oggi si contano oltre 350 studi sull’integrazione di bicarbonato di sodio, anche se solo una parte di questi ha messo in evidenza reali benefici ergogenici misurabili.

Cosa succede

Partiamo da un punto fermo: l’acido lattico non è un nemico. E ti dico anche che è composto da lattato, una fonte di energia che viene utilizzata dalle fibre accanto a quelle che l’hanno prodotto, e ioni H+. Ecco, è proprio l’accumulo di questi ioni idrogeno (H+) che, abbassando il pH muscolare, riduce la capacità dei muscoli di contrarsi efficacemente. Di conseguenza, anche la performance durante sforzi intensi ne risente

Il bicarbonato di sodio, essendo un tampone alcalino, aiuta a neutralizzare questa acidità, permettendo – teoricamente! – di mantenere l’intensità più a lungo. La ricerca scientifica conferma questo meccanismo: negli studi ben condotti, l’assunzione di circa 0,3 gr per kg di peso corporeo 60-90 minuti prima dello sforzo può migliorare la performance dell’1-3%. Attenzione però…

A chi è davvero utile?

E qui arriviamo al dunque: questo beneficio si manifesta solo in condizioni molto specifiche. Il bicarbonato è potenzialmente utile per atleti di alto livello impegnati in sforzi ad altissima intensità della durata di 1-7 minuti.

Parliamo quindi soprattutto di:

Atletica: dagli 800 ai 10.000 m, dove l’acidosi muscolare è un fattore limitante;
Nuoto: dalle gare di 200 agli 800 m, dove ogni decimo conta;
Canottaggio: i 2.000 m, uno degli sforzi più duri dal punto di vista metabolico (e ne so qualcosa!);

Ciclismo su strada e pista: corse in linea o a circuito, inseguimenti e prove a cronometro brevi.

In questi contesti, per atleti già al massimo delle proprie capacità, un miglioramento dell’1-3% può fare la differenza tra salire sul podio o restarne giù. Che sia chiaro, però: stiamo parlando di atleti che hanno già ottimizzato allenamento, tecnica (economia del gesto), nutrizione e recupero.

Quando non serve

Per un runner amatore che affronta una 10 km su strada, una mezza maratona o una maratona, il bicarbonato invece è sostanzialmente inutile. Il motivo è semplice: in queste gare l’intensità non è così elevata da provocare un’acidosi muscolare significativa. I fattori limitanti sono altri: capacità aerobica, efficienza energetica, resistenza muscolare e gestione della fatica centrale.

Lo stesso vale per i ciclisti amatori di una granfondo: pedalare per 3-5 ore, anche con salite impegnative, non genera il tipo di stress metabolico per cui il bicarbonato potrebbe essere d’aiuto. Peraltro, con non poche controindicazioni in caso di assunzione.

I rischi da considerare

Il vero problema del bicarbonato sono gli effetti collaterali gastrointestinali: gonfiore addominale, crampi, nausea e, nei casi peggiori, diarrea. Immagina di presentarti alla partenza con questi sintomi. Per molti atleti, il disagio supera di gran lunga il minimo beneficio teorico.

In più, la risposta individuale è estremamente variabile: alcuni lo tollerano bene, altri malissimo. L’unico modo per saperlo è testarlo in allenamento, mai in gara.

A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: vale davvero la pena?

L’alternativa più efficace? Allenare la tolleranza all’acidosi

Invece di cercare espedienti, esiste un approccio più efficace e privo di effetti collaterali: allenare la capacità del corpo di tollerare e tamponare l’acidosi muscolare. Gli adattamenti che otterrai saranno duraturi e significativi. Eccola la buona notizia (sai che non manca mai).

Allenamento per migliorare la tolleranza all’acido lattico

Ecco quindi una proposta di allenamento specifico per runner amatori, da inserire 1 volta a settimana dopo un adeguato riscaldamento di 15-20 minuti con qualche allungo.

Progressione nel tempo

Settimane 1-2: 6 ripetute da 400 mal ritmo della tua miglior gara sui 5 km (o leggermente più veloce);
Settimane 3-4: 8 ripetute da 400 m (per consolidare);
Settimane 5-6: mantenere 8 ripetute con focus sul miglioramento del tempo di esecuzione;
Dalla 7^ settimana: 10 ripetute da 400 m, concentrandosi sulla tecnica di corsa, in particolare nelle ultime ripetute, quando si è più affaticati.
Il tempo di recupero tra i 400 m è di 90 secondi in corsa molto lenta. Questo tempo è strategicamente calcolato per creare un recupero incompleto e dunque gli adattamenti specifici. Se il recupero fosse più lungo (> 3 minuti), il corpo smaltirebbe completamente il lattato e perderesti l’effetto allenante. Se, al contrario, fosse più breve (sotto 60 secondi), rischieresti di compromettere la qualità delle ripetute successive, esaurendoti precocemente. I 90 secondi rappresentano il punto di equilibrio ottimale.

Quante volte a settimana? Una. Se ti alleni il giorno successivo, inserisci 1 sessione a ritmo lento per aiutare l’organismo a smaltire le fatiche e rigenerarsi. Evita lavori intensi e sessioni per la forza. Un nuovo allenamento intenso lo potrai inserire 48 ore dopo se sei un runner esperto o, meglio, 72 ore dopo.
Questo tipo di allenamento stimola adattamenti fisiologici importanti come:
a) aumento della capacità tampone muscolare;
b) miglioramento dell’efficienza nella gestione del lattato, incrementando la tolleranza alla fatica.
Benefici che nessun integratore alimentare può darti.


In poche parole
1. Il bicarbonato di sodio ha un suo posto nella nutrizione sportiva, ma è un posto molto ristretto e specifico. Per la maggioranza dei runner e ciclisti amatori, le controindicazioni e il disagio superano ampiamente i vantaggi marginali.
2. Investire tempo ed energia in allenamenti specifici per migliorare la tolleranza all’acidosi è una strategia più efficace, sicura e duratura. Il corpo si adatta straordinariamente bene agli stimoli corretti: sottoponiamolo agli stimoli allenanti più idonei, l’allenamento giusto prima di tutto.
Lo so, ci vuole pazienza e continuità ma ti assicuro che funziona!

Foto Marta Baffi


ELENA CASIRAGHI

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