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Sudore salato? Scopri cosa racconta il tuo corpo

Hai mai sentito parlare dei “salty sweaters” ovvero i “sudatori salati”? Vengono definiti così, dalla letteratura scientifica, gli sportivi che presentano macchie bianche sulla pelle o sull’abbigliamento dopo un allenamento intenso. Quasi sicuramente sarà capitato anche a te. Ecco, devi sapere che queste tracce cristalline sono un indicatore prezioso del tuo stato di idratazione e del fabbisogno di elettroliti del tuo organismo, oltre a fornirti informazioni importanti sulla concentrazione del tuo sudore. Comprendere questo fenomeno ti permetterà di ottimizzare le strategie di idratazione e prevenire i rischi associati alla deplezione di elettroliti – sodio in particolare – durante l’attività sportiva.

Ti presento il sudore salato
Le macchie bianche e saline visibili sulla pelle o sui vestiti dopo sessioni di allenamento sono il segno più evidente di un sudore ad alta concentrazione di sodio. Ma non è l’unico:
• Segni fisici diretti:
  – cristalli bianchi visibili sulla pelle, particolarmente intorno a collo e ascelle;
  – residui salini sui capi d’abbigliamento tecnici, per esempio in fondo alla schiena per un ciclista o un triatleta. In condizioni di aria secca, dove l’evaporazione rapida lascia depositi di sale più evidenti, diventano ancora più visibili.
• Sintomi correlati:
  – sudore che brucia gli occhi o ha un sapore particolarmente salato;
  – maggiore tendenza ai crampi muscolari durante l’attività sportiva;
  – sensazione di sete intensa anche dopo aver bevuto acqua semplice;
  – affaticamento prolungato inusuale dopo sessioni di allenamento in condizioni calde.

E il suo “antidoto” 
Uno dei meccanismi più efficaci che il nostro organismo ha a disposizione per conservare gli elettroliti e quindi migliorare la termoregolazione è l’acclimatazione al calore. Questo processo, che si completa generalmente in 7-14 giorni di esposizione progressiva al calore, produce cambiamenti fisiologici profondi nella composizione del sudore. 
La prima esposizione al caldo comporta un aumento della concentrazione di elettroliti nel sudore, in particolare di sodio. Nei giorni successivi avviene invece un progressivo adattamento, durante il quale si registra, come dimostrato dalla ricerca scientifica, una diminuzione lineare nella concentrazione di sodio nel sudore, con effetti visibili già dopo soli 2-3 giorni consecutivi di esposizione al calore.
Questo accade perché durante il processo di acclimatazione le ghiandole sudoripare sviluppano una maggiore capacità di riassorbimento del sodio e del cloro, mantenendo al contempo un aumento del tasso di sudorazione locale. Questo doppio adattamento – maggiore produzione di sudore ma con
minore concentrazione di elettroliti – rappresenta la soluzione più favorevole per una termoregolazione efficiente.

Ma cosa ti dà, in pratica, l’acclimatazione?
L’acclimatazione rappresenta un processo particolarmente benefico. Una volta raggiunta, sembrano esserci riduzioni fino al 26% nelle perdite totali di elettroliti, principalmente dovute a una diminuzione del 10% nella concentrazione media di sodio nel sudore.
Questo adattamento è particolarmente evidente in:
– riduzione delle macchie saline visibili sui vestiti e sulla pelle;

– diminuzione della frequenza e intensità dei crampi muscolari;
– miglioramento della tolleranza all’esercizio prolungato in condizioni calde;
– riduzione del fabbisogno di integrazione elettrolitica durante l’attività;
– riduzione della fame selettiva (anche detta fame di sale).

Come reintegrare il sodio durante lo sport
E ora veniamo al punto. La reintegrazione ottimale del sodio richiede un approccio personalizzato basato sulla valutazione delle perdite individuali. Un atleta che perde 1-2 litri di sudore all’ora per quattro ore di attività intensa (es. ciclismo, running, triathlon, trail running con forte irraggiamento solare) può accumulare perdite di sodio significative, fino a 4.000 mg.
Per calcolare il fabbisogno di reintegrazione è necessario considerare il tasso di sudorazione (ovvero quanto sudore si perde, per esempio 1 kg di peso corporeo perso rappresenta indicativamente 1 litro di sudore), la durata dell’esercizio (le perdite in genere solo lineari nel tempo), la concentrazione individuale (è stimabile attraverso le macchie saline o sintomi correlati come bere senza mai sentirsi appagati) e le condizioni ambientali (le temperature elevate e bassa umidità aumentano le perdite).

Il sodio: un minerale assetato

Il sodio aumenta lo stimolo della sete. E se questo fatto può sembrarti un evento negativo, voglio subito rassicurarti confidandoti invece che si tratta di un prezioso beneficio. Ora ti spiego perché: quando il corpo perde fluidi, la concentrazione di sodio aumenta, provocando l’incremento dell’osmolarità plasmatica, cioè la concentrazione totale di particelle disciolte nel sangue. Questo evento dovrebbe già di per sé rappresentare il segnale per stimolare la sete. Tuttavia, la percezione della sete può emergere solo dopo che la carenza di idratazione ha già impattato negativamente sulle funzioni corporee e sulla prestazione. Questo ritardo è in parte dovuto al tempo utile, perché i cambiamenti nell’osmolarità raggiungano sufficienti livelli per stimolare la sete. Integrare sodio può pertanto velocizzare questo meccanismo di attivazione della sete, riducendo il gap tra disidratazione e azione a bere, promuovendo così l’assunzione di liquidi e prevenendo la stessa disidratazione. Peraltro, una carenza di sodio aumenta la frequenza cardiaca. L’osmolarità dovrebbe essere considerata come il “termometro” che dice ai reni quanto trattenere o eliminare acqua per mantenere l’equilibrio idrico del corpo.

Quanto sale aggiungere in borraccia?
Il valore preciso di sale dovrebbe essere individuato attraverso test specifici che analizzano il sudore. In linea generale, oltre a considerare i grammi di sodio persi tramite sudorazione, il quantitativo di sale da introdurre durante l’attività deve essere ponderato in funzione della percentuale di liquidi reintrodotti durante la stessa attività. Facciamola più semplice. In pratica, per ogni litro di acqua che si beve durante l’attività, bisognerebbe integrare 1-1,5 g di sale.
Come fare? Si può utilizzare il sale da cucina essendo composto dal 40% di sodio e 60% di cloruro. Ma l’aggiunta di sodio nei prodotti per sportivi è ancor più utile per contrastare l’iponatremia, facilitare l’assorbimento di glucosio a livello intestinale e, non ultimo, la reidratazione, che a sua volta può favorire una più bassa frequenza cardiaca a parità di sforzo, un abbassamento della temperatura corporea interna, un incremento della gittata cardiaca e una riduzione del rischio di disturbi a livello addominale, in particolare intestinali.
E dopo l’attività? Per atleti “salty sweater” la raccomandazione è di reintegrare il 75% dei liquidi persi con il sudore, assumendo circa 1,8-2 g di sale per ogni litro di acqua bevuta. Mentre se sei un atleta già acclimatato oppure percepisci di avere una sudorazione “standard”, perciò non particolarmente concentrata in sodio, il suggerimento è di assumere circa 1,2 g di sale per ogni litro di acqua bevuto.
Un aiuto dagli integratori per sportivi
Sia durante l’attività che dopo l’utilizzo di supplementi a base di sodio si dimostra particolarmente prezioso. Per esempio, per ogni ora di attività al caldo si suggeriscono 2 Enervit Salt Caps per ogni 500 ml di acqua oppure Enervit Pure Pro Electrolytes, che fornisce per ogni busta 400 mg di sodio. Possono fornire sodio anche i prodotti a base di carboidrati, come Enervit C2:1PRO Carbo Gel con 200 mg di sodio per porzione o, tra i miei integratori preferiti, Enervit C2: 1 PRO Isocarb.
Tieni presente che le donne tendono a perdere meno sodio rispetto agli uomini, probabilmente a causa di tassi di sudorazione generalmente inferiori. Gli uomini mostrano una maggiore adattabilità delle ghiandole sudoripare, mentre nelle donne questa capacità si riduce meno significativamente con l’avanzare dell’età.

Come sapere, però, se l’apporto di sale è adeguato?
Possiamo monitorare l’efficacia delle strategie di reintegrazione attraverso la riduzione delle macchie saline visibili, il mantenimento del peso corporeo pre e post esercizio, il colore delle urine (che devono tendere al giallo chiaro) e una frequenza cardiaca a riposo pressoché stabile. A questi possiamo associare anche altri indicatori, che sono più soggettivi, come la riduzione di crampi muscolari, il miglioramento del recupero percepito e la diminuzione della sete persistente.

Conclusioni 

• Il riconoscimento e la gestione del sudore salato rappresentano competenze fondamentali per atleti e allenatori

• L’approccio ottimale combina l’osservazione attenta dei segni individuali, l’implementazione graduale di strategie di reintegrazione personalizzate e il monitoraggio continuo della risposta dell’organismo. 

• L’acclimatazione al calore è un alleato prezioso per ridurre le perdite elettrolitiche, ma richiede tempo e progressione graduale per essere efficace e sicura.

• La gestione del sudore salato non è solo una questione di performance sportiva, ma un aspetto cruciale della salute e sicurezza dell’atleta

RIFERIMENTI
Sawka, M.N., Burke, L.M., Eichner, E.R., Maughan, R.J., Montain, S.J. and Stachenfeld, N.S. (2007), American College of Sports Medicine position stand. Exercise and fluid replacement, Medicine & Science in Sports & Exercise, 39(2), pp.377-390. 

Baker, L.B. (2017), Sweating rate and sweat sodium concentration in athletes: a review of methodology and intra/interindividual variability, Sports Medicine, 47(1), pp.111-128. 

Périard, J.D., Racinais, S. and Sawka, M.N. (2015), Adaptations and mechanisms of human heat acclimation: applications for competitive athletes and sports, Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports, 25, pp.20-38. 

Nadel, E.R., Pandolf, K.B., Roberts, M.F. and Stolwijk, J.A. (1974), Mechanisms of thermal acclimation to exercise and heat, Journal of Applied Physiology, 37(4), pp.515-520. 

ELENA CASIRAGHI

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