Manuale di sopravvivenza per l’ultrarunner
Tra iper-idratazione e sintomi gastrointestinali, disturbi del sonno e termoregolazione, è davvero dura la vita dei corridori nella giungla fisiologica dell’ultramaratona e dell’ultratrail, una dimensione in cui la conoscenza della nutrizione è prima di tutto un elemento fondamentale della nostra sicurezza.
Cominciamo dicendoci, tra noi appassionati di corsa, la verità: l’ultramaratona non è per tutti. Non lo sono le ultra su strada, a partire dalle più note del nostro Paese, come la 100 km del Passatore o la Pistoia-Abetone (che, con i suoi 1.546m di dislivello su 50km, è considerata una delle più dure d’Europa), non lo sono le grandi manifestazioni del mondo trail, mitiche proprio per l’estenuante durezza e lunghezza, dalla statunitense Western States al valdostano Tor des Géants.
Impegno non trascurabile
Le corse su distanze (a volte anche molto) più lunghe della maratona non sono per tutti principalmente per tre motivi:
- Per poterle correre, anche un runner amatoriale che si pone il solo obiettivo di concluderle entro il tempo massimo deve allenarsi molto, sacrificando spesso ore di solito dedicate alla famiglia o anche al sonno e agli altri interessi, perché deve disporre di una solida base aerobica cardiorespiratoria, ma anche di un’adeguata forza muscolare. Deve diventare inoltre capace di sviluppare nella corsa un gesto economico, che procuri un risparmio del costo energetico, e deve avere buone capacità di termoregolazione e di gestione mentale dello sforzo oltre a un’adeguata “integrità gastrointestinale” in quanto in questa tipologia di gare il “+distress” gastrointestinale è sempre in agguato.
- Deve poi disporre di ulteriore tempo da dedicare alla “conoscenza”, per esempio, della topografia del percorso e delle condizioni ambientali in cui si svolgerà la gara, di cosa è richiesto come materiale obbligatorio e di quanto peserà lo zaino, se la competizione (specie nelle corse a tappe in ambiente ostile, deserti o zone polari) sia o meno in autosufficienza alimentare;
- Deve infine “conoscersi” a livello mentale (la già ricordata “gestione mentale”), sapere cioè cosa resterà di determinazione e lucidità dopo notti passate a riposare poco su una stuoia e diversi giorni di pasti liofilizzati.
Nelle corse molto lunghe in ambiente ostile, insomma, la conoscenza di se stessi, dei materiali, dell’ambiente e delle modalità di gara diventano prima di tutto elementi della propria sicurezza.
Tor de Geants (foto Roberto Roux)
Disturbi e sintomi gastrointestinali
I sintomi gastrointestinali sono una caratteristica comune nelle ultramaratone, con una prevalenza del 60-96% di sintomi gravi riportati durante le competizioni. Sono stati segnalati come uno dei principali fattori che limitano l’assunzione nutrizionale durante e dopo gli eventi di ultramaratona, nonché una delle principali cause del ritiro dalle competizioni, e danno luogo in alcuni casi a gravi episodi clinici di colite acuta con perdita di sangue fecale.
Le cause dei sintomi gastrointestinali avversi sembrano essere di natura multifattoriale, ma sono probabilmente correlate alla diminuzione del flusso sanguigno a livello gastrointestinale, alla dis-regolazione del sistema nervoso autonomo orto e parasimpatico, con lesioni epiteliali e aumento della permeabilità intestinale sino a vere e proprie tempeste infiammatorie sistemiche con endotossinemia denominate “Sindrome gastrointestinale acuta indotta dall’esercizio”.
Alcune strategie dietetiche possono essere benefiche, favorevoli, neutre o dannose nel sostenere l’integrità e la funzione gastrointestinale in queste situazioni. Sarà comunque essenziale un approccio individualizzato, dopo la valutazione gastrointestinale e le misurazioni della tolleranza durante la corsa.
La diminuzione dell’afflusso sanguigno all’intestino e la successiva ischemia intestinale (con conseguente lesione della mucosa intestinale) determinano alterazioni dirette (per esempio nel sistema nervoso enterico e/o nelle cellule entero-endocrine) o indirette (malassorbimento di nutrienti, per esempio) della motilità gastrointestinale.
Anche rispetto a queste eventualità, fondamentali si rivelano:
• il “collaudo” degli integratori durante gli allenamenti;
• l’integrazione giornaliera con miscele di aminoacidi come la glutammina e l’arginina;
• l’integrazione con probiotici;
• la valutazione della disbiosi intestinale con test su urine o fecale;
• un’adeguata dieta FodMap, per evitare quei cibi che favoriscono lo sviluppo di una flora batterica anaerobica;
• la prevenzione anche farmacologica dei disturbi stessi.
FABRIZIO ANGELINI