La pasta e la sua storia
INTRODUZIONE Una delle preparazioni tradizionali della nostra cucina, consumata in larga misura pure in ambito sportivo, è certamente la pasta. Oggi essa ha acquisito un’importanza fondamentale nell’alimentazione quotidiana. La dieta mediterranea la pone al primo posto nella piramide alimentare. Cerchiamo di ricostruire la sua storia, che ci mostrerà alcune sue importanti peculiarità. Le sue origini sono assai remote. Numerose sono le testimonianze sui presunti luoghi d’origine della pasta, benché si possa ritenere che a essa si sia giunta per gradi. La pasta convenzionalmente si distingue in fresca, secca e ripiena.
ETÀ ANTICA La credenza popolare che la pasta fu introdotta in Italia da Marco Polo (m. 1324), oggi ha perso credibilità. La pastasciutta si trova in forme più semplici e primordiali nel continente Euroasiatico, dalle valli cinese dell’Estremo Oriente sino alle zone mediterranee della penisola italica, in modalità parallela e al contempo autonoma. Alcuni sostengono che essa esistesse già al tempo degli Etruschi e nuovamente al tempo della denominazione ostrogota. La pasta era già nota ai Romani. Lo attestano rilievi a stucco rinvenuti nella tomba etrusca di Cerveteri, del IV sec. a.C., ove vi sono un sacco di farina, un matterello e una rotella dentata. Già ai tempi di Orazio e Cicerone (I sec. d.C.) abbiamo la làgana, da cui deriva la lasagna, strisce ricavate con acqua e farina, come descritto da Apicio (m. 37 d.C.).

Lasagne di Apicio
MEDIOEVO Ma il termine “pasta” si trova nel vocabolario italiano dal 1051. Allora la pasta era ampiamente diffusa in Italia e in Cina. A quei tempi si svilupparono due filoni di tradizione culinaria. La pasta, come da noi conosciuta è tradizionale e autoctona in Italia, da cui si è diffusa in altri Paesi occidentali e in Cina, da dove si è poi sviluppata nel resto del mondo orientale, in maniera indipendente. Nel 1154, il dotto arabo Al-dris, menziona una sorta di spaghetti, gli itriyan, fili di pasta secca, che i nomadi portavano con loro durante gli spostamenti. Nel XIII sec., indiani e arabi pare che mangiassero i vermicelli. Gli indiani chiamavano tale tipo di pasta sevika = filo. Mentre gli arabi denominavano la loro pasta con il vocabolo persiano rishta, che significava anch’essa “filo”. Forse la pasta entrò in Italia già nell’XI sec., grazie ai viaggi compiuti tra i paesi arabi e Venezia. Gli italiani optarono per il termine “spaghetti”, che derivava da “spago”. Dopo essersi affermata nelle grandi città commerciali come Genova, Venezia e Firenze, poi la pasta si sarebbe diffusa grazie alle persone di servizio. Alla fine del XIII sec., i mongoli sinizzati, che lavoravano nelle cucine degli famiglie benestanti italiane avrebbero potuto preparare piatti di vermicelli al fine d’ingraziarsi i loro padroni italiani. Nel XIV sec., Giovanni Boccaccio (m. 1375), nel Decameron, descrive la pasta ‒ certamente preparata a mano ‒ come alimento già diffuso e comune nel mondo medievale, ove diverrà simbolo d’abbondanza alimentare, altresì attestato da ricettari, fonti letterarie e iconografici del tardo Medioevo. Pertanto la pasta è il risultato di un cammino con radici nell’antichità. Per la moderna costituzione della categoria pasta, l’età medievale ha come fondamentale novità l’invenzione italiana di un nuovo modo di cuocerla e di nuovi formati. Il sistema di bollitura, utilizzata nei tempi antichi soltanto per polente di cereali e pappe, sostituì il passaggio al forno, in cui le antiche làgane era poste direttamente come liquido di cottura. Nella Penisola Italiana e in special modo nel Centro-Sud, sorsero le prime paste forate, come ravioli, tortellini e agnolotti; poi anche al Nord, con la pasta fresca all’uovo. L’invenzione della pasta secca a lunga conservazione è attribuita agli abitanti della Sicilia musulmana. Essi svilupparono metodi efficaci d’essicazione all’aria aperta, utilizzanti sovente per cibi simili alla pasta pure dalle popolazioni islamiche del Medio Oriente, ma perfezionati dai siciliani all’epoca dell’Emirato di Sicilia (948-1072) e trasmessi in parte ancora oggi. Il motivo fu l’esigenza dei siculi di provviste da vendere ai mercati saraceni e berberi, i quali effettuavano lunghi spostamenti nel deserto. Tale fu la novità che influì nelle abitudini alimentari e nei commerci italiani verso il resto del pianeta. Nel tardo Medioevo (XV sec.), sembra che il vocabolo più comune per la pasta fosse macaroni, mentre ai nostri giorni “maccheroni” sta a designare tipo di pasta a forma cilindrica e cava. L’identificazione delle forme originarie della pasta non è stata semplice. Nel libro Forme of Cury, risalente al XIV sec., si trova una ricetta per i macrows (plurale anglicizzato di macaroni) con cui si prepara una pastasciutta del tipo piano delle tagliatelle.
ETÀ MODERNA Nel XVI sec., il monaco Teofilo Folengo (m. 1524) scrive che la lingua artificiale conosciuta come latino maccheronico era così denominata, in quanto ricordava agli studenti i maccheroni veneziani, «un piatto grossolano, rozzo e rustico fatto con farina, formaggio e burro». Nel XVIII sec. e all’epoca del pellegrinaggio degli stranieri nella nostra Penisola, i macaroni erano ormai un piatto affermato nella mitologia dell’Europa. In Italia, sino al 1700, tutti i formati di pasta secca erano classificati sotto il nome di macaroni. In ogni modo agli italiani è riconosciuta la primogenitura della pasta secca.
ETÀ CONTEMPORANEA Ma soltanto all’inizio del XIX sec. a Napoli si cominciò la fabbricazione a carattere industriale con torchi a vite che eseguivano la formatura. Poi, nel 1875, iniziò la costruzione di impianti per essiccazione artificiale.

BIBLIOGRAFIA
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‒, Il Medioevo delle invenzioni, Edizioni Frate Indovino, Perugia s.d.
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TANNAHILL R., Storia del cibo, Rizzoli, Milano 19871, 278-79.